È un mercato vivace, colorato e stracarico di cibo, dove si viene interpellati, si pregia la merce, si lascia toccare e provare: i venditori hanno il commercio nel sangue.
Posto tra la Stazione Termini e Piazza Vittorio Emanuele II è un mercato alimentare multietnico, dove protagonisti e attrazione sono le svariate minoranze culturali e il cibo che li rappresenta.“Stranieri” durante tutto il resto delle loro giornate, qui vivono in qualche modo una forma di riscatto, maneggiando e vendendo cibo che parla della loro terra, della loro cultura e dei ricordi che si sono portati dietro insieme a un paio di valige, benché a volte siano arrivati anche senza neanche quelle.
In nessun altro posto a Roma si può trovare un così ricco assortimento di frutta e verdura, pesce fresco e carni preparate anche secondo i dettami ebraici e musulmani, ingredienti esotici, vegetali di forme sconosciute. E se avete fortuna e il venditore è di buon umore, un paio di ricette per cucinare ve le danno in sovrappiù. Ci sono zucchine spinose chiamate Ampalaya, sono molto amare e si possono mangiare cotte in padella con aglio e olio, ma in India la cuociono con yogurth e curry e dicono siano deliziose. Ci sono delle foglioline tenere di spinacini rossi: chiamati Lal shak. Ridono i venditori, quando incespico nelle strane pronunce, si ricordano dei loro primi scontri con la lingua italiana e si prendono una piccola rivincita nel correggere la mia pronuncia, sorridendo come maestri pazienti.
E questo piccolo pallone da rugby violaceo di cui chiedo il nome è il frutto della banana. Il casco di frutti che noi conosciamo è unito in alto da questo fiore che sembra in boccio. “Si può anche mangiare?”chiedo. Ride il venditore. “Tutto si può mangiare, se si ha fame!” Ma ricordatevi di levare il pistillo perché non è commestibile. E se invece cercate qualcosa di più occidentale è l'unico posto dove a Roma ho visto grossi grassi tacchini pronti a essere imbottiti prima di andare in forno secondo le più classiche ricette anglosassoni. La maggioranza dei venditori viene dal Bangladesh. Ma ci sono anche cinesi, egiziani, indiani, africani, sudamericani. Ciascuno di loro è presente con gli ingredienti tipici della propria cucina. La coesistenza non è sempre facile. Malumori ce ne sono, e non solo nell’ambito ristretto del mercato. I Cinesi sono il maggior problema.
Hanno comprato tutt’intorno nel quartiere negozi e locali che gli italiani hanno venduto e hanno scalzato pian piano i residenti che si erano stabili prima. Molti sostengono che rimangano chiusi fra loro e non vogliono imparare l’italiano nè inserirsi. Ma in realtà la gioventù cinese che incontro mi sembra molto occidentalizzata e parlano non solo italiano, ma uno schietto romanesco.
Chi frequenta questo mercato e perché? Oltre agli extracomunitari, di passaggio o residenti, vengono anche i romani della zona che trovano qui prezzi convenienti, anche se non sono molto avventurosi nelle loro scelte e si limitano a comprare prodotti nostrani, mentre i giovani pregiano il mercato per la grande offerta in spezie e cibo etnico e macrobiotico. Vengono specialmente il sabato, giorno di maggiore affollamento, quando i venditori non hanno molto tempo per scambiare due chiacchere: vivono di quel che possono vendere e il tempo è denaro.
È dal 2001 che il mercato ho preso il nome di Nuovo Mercato Esquilino occupando i locali dell’ex Caserma Pepe.
Prima, il mercato storico, aveva sede nei giardini di Piazza Vittorio, all’anagrafe Piazza Vittorio Emanuele II. La piazza è la più grande di Roma, è perfino 10.000 mq più grande di piazza San Pietro, anche se con la presenza dei giardini in mezzo non mostra tutta la sua estensione. Fino al 1993 il mercato si svolgeva nel giardino e intorno ai cancelli esterni, con una specie di baracche e bancarelle che deturpavano l’aspetto del giardino e quando il comune decise di spostarlo, molti protestarono contro questa decisione.
Ora è un ricordo lontano e tutti sono contenti così. Prendendo un caffè parlo con un signore come me nella fila alla cassa, mi racconta di essere architetto e di vivere da quindici anni nel quartiere e di averlo fatto per precisa scelta,”Non mi piacciono i quartieri bene,-racconta- qui c’è vita, è più autentico”.
Il mercato apre le porte alle 7.30 e le chiude alle 14.00, dal lunedì al sabato, ma la giornata dei venditori comincia molto prima e già dopo le sei ferve l’attività per preparare i box e sperare in una giornata di buone vendite. La punta di traffico è dalle 11.00 alle 13.00-13.30. Al più tardi alle 15.00 é finita la pulizia e chiude anche l’ultimo box. Tutti a casa. Domani è un altro giorno e un altro mercato.
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