mercoledì 19 gennaio 2011

la festa di Sant'Antonio a Tuscania






Avevo già visitatoTuscania, nella Tuscia, a circa 90 chilometri a nord di Roma, all'inizio di dicembre, per la festa dell'olio novello e e avevo ammirato un borgo medievale pittoresco che spirava sobrietà e pacatezza.

Ma Tuscania è una città per tutte le stagioni, e se devo ancora aspettare vari mesi per godere della ricca programmazione culturale estiva, anche in inverno ho trovato un motivo per visitarla.
Domenica, 16 gennaio 2011, festa di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici e invocato per proteggere dal fuoco di Sant’Antonio:  l’Herpes Zoster.
Molte sono le località di cultura contadina che in questo giorno festeggiano e ringraziano  per la sua protezione il Santo. Tuscania è una di queste.

Alla mattina un carretto adornato di fiori, con un alberello, balle di fieno e gabbie con galline, oche e anatre, attraversa le stradine della città medievale partendo dalla Chiesa di Santa Maria del Riposo, dove avrà luogo la benedizione  degli animali domestici e di tutti quelli normalmente presenti in una fattoria.
Cani, gatti e asinelli sono infiocchettati e tirati a lustro e vengono condotti al guinzaglio, in braccio o tirati con una corda o un nastro sù e giù per la cittadina.
I cavalli sono ben strigliati e con selle e paramenti decisamente sobri ma con qua e là borchie luccicanti e qualche ornamento. Nella chiesa la celebrazione della Messa permette per questa giornata la partecipazione di alcuni cani, che rimangono tutti molto tranquilli e nelle gabbie vicino all’entrata una gabbia con un gallo e una più grande con un agnellino dallo sguardo mite rappresentano tutti gli altri  animali rimasti fuori.
Grandi cesti di verdure tipiche della stagione e del territorio sono l’offerta e il ringraziamento dei contadini e degli allevatori al Santo.
Il corteo con il carro del Santo avanti e il seguito degli animali indietro fa un giro intorno a tutto il borgo medievale, prima di far ritorno alla chiesa e dopo la benedizione solenne si dà il via alla seconda parte dei festeggiamenti. Molto coreografica  è la sfilata dei butteri a cavallo: cow boy nostrani delle estese praterie maremmane.



Le festività continuano nel pomeriggio.



Sulla piazza principale vengono fritte in un’enorme padella frittelle di cavolfiore, spolverate con sale o con zucchero e accompagnate da vino paesano, e vengono consumate seduti su balle di fieno disposte un pò dovunque nella grande piazza, mentre musiche popolari e tradizionali  accompagnano la degustazione.
Mentre la tradizione di festeggiare sant'Antonio la domenica più vicina al 17 gennaio è di antica tradizione, la sagra della frittella di cavolfiore è molto più recente e non ha più di 40 anni. Rende omaggio a uno dei prodotti tipici della regione e alla volontà di ricostruire e condividere degli abitanti di questo borgo, dopo il terremoto che li colpì nel 1971 e semidistrusse la cittadina.



All’imbrunire un grande fuoco in onore di Sant’Antonio  illumina la sera incredibilmente tiepida con una luna che sembra ordinata per l’occasione, e quando finalmente il fuoco si è spento ognuno ha potuto portarsi a casa un tizzone del falò, che  proteggerà uomini e animali per tutto l’anno a venire.

lunedì 27 dicembre 2010

MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma

In questi giorni di festa a Roma si possono mettere in atto i buoni propositi culturali e visitare quei musei e quelle collezioni d’arte che   “ volevamo sempre visitare e  non abbiamo mai avuto  il tempo di vedere…”
Il mio consiglio? Fate un salto al MACRO in via Nizza, angolo via Cagliari. Con l’autobus potete scendere a piazza Fiume e percorrere circa 300 metri a piedi in via Nizza. L’edificio che ospita il museo era originalmente un vecchio stabilimento della birreria Peroni, costruito all’inizio del XX secolo, riconvertito in Museo d’Arte Contemporanea e aperto al pubblico nel 1999. La novità è il suo ampliamento con una nuova ala che si integra  nel complesso preesistente, opera  dell’architetto francese Odile  Docq.
Con la realizzazione del progetto il museo ha visto aumentate le sue aree espositive, arricchendosi di sale conferenze, libreria, parcheggio, un ristorante e un  caffè.

La nuova sezione presenta all’interno un’ architettura quasi hyperspaziale , mentre  dall’esterno  non mostra un’eccessiva eccentricità, adattandosi così senza far gridare allo scandalo  con l’urbanistica del quartiere, che  definirei borghese benestante. Il museo è stato riaperto al pubblico  domenica 5 dicembre, ma era possibile partecipare previa prenotazione a una visita in anteprima sabato 4. Così non mi sono lasciata sfuggire l’occasione e come tanti altri culture volture  ho trascorso un paio d’ore al MACRO.
Non ho alcuna velleità di stendere una relazione da esperta d’arte quale non sono  né sul museo come architettura, né sulle  sue collezioni. Voglio semplicemente dare un resoconto delle mie impressioni e invogliarvi a visitarlo, facendovi un’idea personale  a  seconda  delle vostre conoscenze e preferenze  in campo di modern art.
Non so spiegare esattamente perché, ma appena varcato il grande ingresso ho avuto l’impressione  di trovarmi  in una futuristica cattedrale o in una nave spaziale tipo Star Trek.
Tanto grigio, metallo e  acciaio, ravvivato da un  rigoroso rosso  lacca per  alcune strutture che fungevano da contenitori e separatori,  creando  ulteriori ambienti di esposizione.
Tra le varie opere esposte una scultura-abito  che  sembrava ospitare un essere vivente  sotto il pesante costume  di vaga ispirazione melanesiana, che ricordava le statue viventi che vivacizzano le zone storiche e pedonali  di ogni grande città.  Tutti i visitatori andavano in esplorazione aprendo porte, salendo scale, scendendo pedane, come in avanscoperta di un castello o di un labirinto futuristico. Tante opere in esposizione, ma l’opera più ammirata era la struttura in sé stessa.


In concomitanza con la nuova riapertura la parte del leone la faceva  l’opera vincitrice del ENEL Contemporanea Award 2010: “Are you really sure that a floor can’t  be a ceiling?”  del  team olandese Bik Van der Pol
(Lisbeth Bik e Jos Van der Pol).
L'installazione è in mostra fino al 16 gennaio 2011.
Questa è  l’unico tipo di fila che il pubblico romano accetta e rispetta. Anche perché  ci si intrattiene nell’ attesa con temi sociali, politici  o anche più frivoli, come amici non presenti,  viaggi o crisi sentimentali.
L’installazione, liberamente ispirata alla Farnworth House di Mis Van der Rohe, rappresenta una  casa-serra popolata da centinaia di farfalle, a simbolizzare il fragile equilibrio uomo-natura. Questa installazione era quella che naturalmente ha suscitato più interesse fra il pubblico e la fila quel giorno era piuttosto sostenuta.

Girando per le sale, goffa, distratta e mezza cieca quale sono, ho urtato inavvertitamente quello che sembrava essere un bicchiere di cartone XXL tipo bibita gassata, riempito di una massa solida e posto al centro di una sala insieme ad altri improbabili oggetti di cui era possibile domandarsi, per chi è ignorante d’arte moderna come me, se era stato dimenticato lì o era invece  un oggetto concettuale. La constatazione che era ripieno di una massa solida mi ha lasciato dedurre che la sua funzione fosse artistica.  Istintivamente ho rialzato il bicchiere e lo ho attentamente rimesso al centro della sala sotto l’occhio vigile di una attendente del museo.  Il fatto che non mi abbia ammonito che non si toccano le opere esposte, ma allo stesso tempo non mi abbia ingiunto di  togliere il bicchiere di cartone, non mi ho chiarito ulteriormente la funzione dello stesso.


E per completare la pessima opinione che mi sto costruendo da sola nel campo della naiveté  artistica posso concludere dicendo che sono rimasta affascinata dalle toilette del museo. Grigie,  severe e essenziali, avevano come lavandini delle strutture-paesaggio con degli avallamenti  a forma di piccole vasche, che lasciavano supporre la loro  funzione di raccolta d’acqua per sciacquarsi le mani. Ho maneggiato per cinque buoni minuti, giocando sempre più irritata nel tentativo di  evidenziare i sensori giusti per la fuoriuscita di liquido. Quando anche la sopravvenuta fruitrice dei servizi si è aggiunta a me nella vana ricerca, mi sono sentita meno stupida ma in ogni caso sempre più frustrata, finché infine (non so quale raggio infrarosso  abbia finalmente colpito), un gentile getto d’acqua è fuoriuscito come per magia e tutto la struttura parallelepipeda si è illuminata di una calda luce rossa per il tempo di fuoriuscita dell’acqua. Evviva. Un perfetto esempio d’ interazione fra opera d’arte e il  pubblico suo fruitore. La giornata, e l’autostima, erano salvi!
 P.S. Purtroppo non sono riuscita a fotografare in tempo la trasformazione da bianca in rossa della luce dell’isola-lavandino. Pronta per scattare, ancora una volta non sono riuscita a trovare il sensore giusto…

Museo d'arte Contemporanea MACRO
Aperto dal martedì alla domenica 11.00-22.00

lunedì 20 dicembre 2010

Il Nuovo Mercato Esquilino

Ci stiamo avvicinando al Natale con la fatidica domanda, "cosa cucino quest'anno per la cena della Vigilia e per il Pranzo di Natale? Diciamo che il piacere di progettare un menu e scegliere gli ingredienti diventa anche un pò uno stess in questo periodo. Però qui a Roma c'è un mercato dove ci si può procurare tutto o quasi tutto sotto un solo tetto e se il vostro menu prevede pietanze esotiche, è l'unico posto dove possiate trovare gli ingredienti  a un prezzo competitivo. È il Nuovo Mercato Esquilino, anche conosciuto come il  Mercato di Piazza Vittorio.

È un mercato vivace, colorato e stracarico di cibo, dove si viene interpellati, si pregia la merce, si lascia toccare e provare: i venditori hanno il commercio nel sangue.
Posto tra la Stazione  Termini e Piazza Vittorio Emanuele II è un mercato alimentare multietnico, dove protagonisti e attrazione  sono le svariate minoranze culturali e il cibo che li rappresenta.“Stranieri” durante tutto il resto delle loro giornate, qui vivono in qualche modo una forma di riscatto, maneggiando e vendendo cibo che parla della loro terra, della loro cultura e dei ricordi che si sono portati dietro insieme a un paio di valige, benché a volte siano arrivati anche senza neanche quelle.
In nessun altro posto a Roma si può trovare un così ricco assortimento di frutta e verdura, pesce fresco e carni preparate anche secondo i dettami ebraici e musulmani, ingredienti esotici, vegetali di forme sconosciute. E se avete fortuna e il venditore è di buon umore, un paio di ricette per cucinare ve le danno in sovrappiù. Ci sono zucchine spinose chiamate Ampalaya, sono molto amare e si possono mangiare cotte in padella con aglio e olio, ma in India la cuociono con yogurth e curry e dicono siano deliziose. Ci sono delle foglioline tenere di spinacini rossi: chiamati Lal shak. Ridono i venditori, quando incespico nelle strane pronunce, si ricordano dei loro primi scontri con la lingua italiana e si prendono una piccola rivincita nel correggere la mia pronuncia, sorridendo  come maestri pazienti.
E questo piccolo pallone da rugby violaceo di cui chiedo il nome è il frutto della banana. Il casco di frutti che noi conosciamo è unito in alto da questo fiore che sembra in boccio. “Si può anche mangiare?”chiedo. Ride il venditore. “Tutto si può mangiare, se si ha fame!” Ma ricordatevi di levare il pistillo perché non è commestibile. E se invece cercate qualcosa di più occidentale è l'unico posto dove a Roma ho visto grossi grassi tacchini pronti a essere imbottiti prima di andare in forno secondo le più classiche ricette anglosassoni. La maggioranza dei venditori viene dal Bangladesh. Ma ci sono anche cinesi, egiziani, indiani, africani, sudamericani. Ciascuno di loro è presente con gli ingredienti tipici della propria cucina. La coesistenza  non è sempre facile. Malumori ce ne sono, e non solo nell’ambito ristretto del mercato. I Cinesi sono il maggior problema.
Hanno comprato tutt’intorno nel quartiere negozi e locali che gli italiani hanno venduto e hanno scalzato pian piano i residenti che si  erano stabili  prima. Molti sostengono che rimangano chiusi fra loro e non vogliono imparare l’italiano nè inserirsi. Ma in realtà la gioventù cinese che incontro mi sembra molto occidentalizzata e parlano non solo italiano, ma uno schietto romanesco.

Chi frequenta questo mercato e perché? Oltre agli extracomunitari, di passaggio o residenti, vengono anche i romani della zona che trovano qui prezzi convenienti, anche se non sono molto avventurosi nelle loro scelte e si limitano a comprare prodotti nostrani, mentre i giovani pregiano il mercato per la grande offerta in spezie e cibo etnico e macrobiotico. Vengono specialmente il sabato, giorno di maggiore affollamento, quando i venditori non hanno molto tempo per scambiare due chiacchere: vivono di quel che possono vendere e il tempo è denaro.
È dal 2001 che il mercato ho preso il nome di Nuovo Mercato Esquilino occupando i locali dell’ex Caserma Pepe. 

Prima, il mercato storico, aveva sede nei giardini di Piazza Vittorio, all’anagrafe Piazza Vittorio Emanuele II. La piazza è la più grande di Roma, è perfino 10.000 mq più grande di piazza San Pietro, anche se con la presenza dei giardini in mezzo non mostra tutta la sua estensione.  Fino al 1993 il mercato si svolgeva nel giardino e intorno ai cancelli esterni, con una specie di baracche e bancarelle che deturpavano l’aspetto del giardino e quando il comune decise di spostarlo, molti protestarono contro questa decisione.
Ora è un ricordo lontano e tutti sono contenti così. Prendendo un caffè parlo con un signore come me nella fila alla cassa, mi racconta di essere architetto e di  vivere da quindici anni nel quartiere e di averlo fatto per precisa scelta,”Non mi piacciono i quartieri bene,-racconta- qui c’è vita, è più autentico”.

Il mercato apre le porte alle 7.30 e le chiude alle 14.00, dal lunedì al sabato, ma la giornata dei venditori comincia molto prima e già dopo le sei ferve l’attività per preparare i box e sperare in  una giornata di buone vendite. La punta di traffico è dalle 11.00 alle 13.00-13.30. Al più tardi alle 15.00 é finita la pulizia e chiude anche l’ultimo box. Tutti a casa. Domani è un altro giorno e un altro mercato.

domenica 12 dicembre 2010

Il Natale dei 100 Alberi d'autore



Alla disperata ricerca di "emozioni" natalizie a Roma, ah, come mi mancano la neve e i mercatini di Natale bavaresi, la "Adventskranz" e l'"Adventskalendar",
e dopo la delusione del mercato di Natale in Piazza Navona, più una sagra che altro, mi sono invece molto entusiasmata per l'iniziativa "Il Natale dei 100 alberi d'autore", che si svolge  presso l'Accademia dei Lincei a Villa Farnesina fino al 16 dicembre.
Arrivando dal lungotevere Farnesina nel tardo pomeriggio, ormai era già buio, si intravedeva in lontananza la Villa che già di per sè ha un aspetto imponente, dalle cui vetrate occhieggiavano le luci degli alberi sfavillanti, a crere un'atmosfera quasi magica, da scenografia dello"Schiaccianoci": ed è stato subito Natale.
  

"Il Natale dei 100 Alberi d'Autore" è una bellissima, oserei dire strabiliante mostra di originali alberi di Natale, alla sua diciassettesima edizione, voluta e creata da Sergio Valente, sì, proprio lui, l'hair stylist delle dive, che ha ideato e voluto questa manifestazione per invitare a donare per benificienza, ricevendo in cambio qualcosa che venga appositamente creato per l'occasione: un albero di Natale. Ma un albero di Natale a dir poco particolare, che non si potrà mai trovare in un negozio, perché creato  per un unico acquirente: un dono per chi dona.
Nel 1994 Sergio Valente ha un'idea e invita amici, stilisti e artisti a condividere questa iniziativa: creare alberi di Natale personalizzati da vendere per charity.
A questo invito rispondono ogni anno generosamente personaggi della moda, dello spettacolo e dello sport in una gara di fantasia e di estrosità che porta alle più svariate interpretazioni.

 

Non ci sono quasi limiti all'estro creativo, si richiede soltanto di non utilizzare alberi recisi e di rispettare il concetto di albero utile: cioè qualcosa che resti e che possa essere conservato e ammirato anche oltre le festività natalizie.
Oltre che per bambini, è una mostra per adulti rimasti giovani nel cuore, ed è un modo per fare anche un pò di bene ricevendo qualcosa di bello in cambio. Il ricavato della vendita degli alberi va completamente devoluto per una buona causa. Quest'anno è a favore della Fondazione Umberto Veronesi per finanziare il progetto "Young Investigator Programme" per l'erogazione di borse di studio per giovani medici e ricercatori nel campo della ricerca contro i tumori.
  

 Come ogni anno il pubblico  è accorso e ha risposto generosamente, perchè già oggi molti alberi mancavano
 all'appello, perchè già venduti e ritirati. Solo nel paio
di ore in cui ho visitato la mostra ne sono stati venduti
tre, tra cui uno dei miei preferiti: andrà a Milano ed
è stato venduto per telefono! Ma niente paura, in tutto sono cento, e se vi affrettate, ne potrete vedere ancora molti. Quello della Medusa Film, decorato con ghirlande fatte di pellicola cinematrografica, l'albero della Coca Cola light a forma di bottiglia, o quello di Koefia, che ricorda una Matriuska, quello "sportivo" di Gian Carlo Fisichella, o quello fatto di  palloncini gonfiati in rigorosissimo rosso e verde natalizio. Ce ne sono tanti, e sono tutti belli, e se in questi giorni vi trovate a Roma non dovete perdere l'occasione di ammirarli. Vivrete anche voi un pò della magia dello spirito del Natale.
Durante la mia visita era presente  Sergio Valente, che si è mostrato molto disponibile nel raccontarmi dell'iniziativa e mi ha accompagnato nella visita raccontando di questo o quell'artista, di come Valeria Marini sia sempre molto generosa non solo nel partecipare come creatrice, ma anche come acquirente: ogni anno acquista un esemplare di un collega. Mi ha poi mostrato l'albero creato da Anna Oxa in colloborazione con Giovanni Cavagna e quello di Federica Fendi per Caffè Florian.

I prezzi? Partono da 150 Euro per arrivare a punte di 15.000 Euro per l'interpretazione di Loriblu albero/scarpa decoltèe tempestata di cristalli swarovski con tacco a super stiletto, per raggiungere il picco dei 30.000 Euro perl'albero creato dalla collaborazione
SICIS/ Elizabeth Garouste.
Ma in media i prezzi si aggirano sugli 800-1000 euro.
In effetti c'è bisogno di Babbi Natale particolarmente generosi, ma come si dice?
"A Natale, a Natale si può dare di più". 

Villa Farnesina, via della Lungara 230.
Bus 23 125 271 280 Tel.: 06 68027268






domenica 5 dicembre 2010

La dolcezza del cioccolato

Degustazione I Piacevolissimi, cioccolato Vini e Distillati al Grand Hotel St.Regis.


Ci si accorge di avvicinarsi al Natale quando nei quartieri si appendono le luci natalizie, tutti i negozi si decorano a festa e si comincia a pensare a cosa preparare per il pranzo di Natale e a tutti i regali da porre sotto l'albero. Il Natale, fra tutte le feste, è quella più legata ai ricordi dell'infanzia e a montagne di dolcezze. E quale è la dolcezza per antonomasia? Il cioccolato, montagne di cioccolato, fiumi di cioccolato.
Non per niente "Charlie andThe Chocolate Factory" è un film piaciuto non solo ai bambini, ma anche agli adulti. La cioccolata è considerata un efficace antidepressivo e cioccolatini e praline sono un regalo che si scambiano anche gli adulti. E neanche io sono immune a questo fascino.
Perció molto volentieri, nonostante una manifestazione di studenti martedì 30 novembre abbia messo in ginocchio il traffico già normalmente congestionato di Roma, mi sono avviata al Grand Hotel St.Regis per una degustazione di cioccolato, vini e distillati, organizzata dall'Arte dei Vinattieri, CO.VI.RO e Perugina.
Già aprendo le porte del Grand Hotel, che un deferente addetto in tuba e marsina mi teneva aperte, sono entrata in un vasto atrio sontuoso, in cui troneggiava un grandissimo albero di Natale.

 

L'arredamento lussuoso sembrava concepito per una scenografia dello Schiaccianoci e non mi sarei stupita se Greta Garbo, seguita da un set di cagnolini petulanti fosse apparsa come una folata di vento attraverso le porte girevoli come nella scena finale del film Grand Hotel, inseguita da un codazzo di facchini carichi dei suoi bagagli. Il salone delle degustazioni, con i suoi grandi specchi a cornici dorate e intarsiate, gli stucchi e le pesanti tende di velluto color bordeaux rappresentava un set perfetto per presentare la suntuosità del Natale.


Al centro della sala un enorme tavolo ovale era ricoperto con scatole di legno e pacchi dono avvolti in carte
sfavillanti e lucenti. Ma il loro contenuto in sigari,cognac e vini pregiati faceva intuire che non ai bambini erano destinati quei doni, bensi ad adulti esigenti e bon vivant. Ai lati della sala erano posizionati i banchi di assaggio, che offrivano moscati, passiti, vini rossi di vigneti di alta tradizione e grappe raffinate e delicate. A questi tavoli si alternavano postazioni d'assaggio con vassoi d'argento ripieni di  tavolette  sottili di cioccolato fondente, al latte, di grandi ciotole e alzate di gianduiotti e bacetti avvolti nelle loro ben identificabili carte dorate e argento con stelle blu. Eravamo tutti adulti, ma sembravamo tanti bambini. Ci lasciavamo sciogliere il cioccolato in bocca con un piacere a malapena celato. Ci deliziavamo per il vin santo servito in piccoli bicchierini "usa e gusta" di cioccolato, cosicchè il liquido dolce e aromatico si mescolava con il gusto  del cioccolato che si scioglieva in bocca come una torre che si sgretola. Ma la più riuscita combinazione è stata per me il connubio bicchierino fondente con la profumatissima grappa di Brunello.
In fondo alla sala, separato dal resto dalle pesanti tende drappeggiate c'era l'attrazione della serata. Un maestro pasticcere scioglieva grandi quantità di blocchi di burro di cacao, cioccolato nero e al latte e spatolava in stampi di silicone praline riposte in frigo a condensarsi prima di essere servite a un
pubblico curioso e impaziente. Assistito da un maestro di cerimonia in livrea scura e guanti bianchi (!) intonsi, mi ricordava in qualche modo Babbo Natale con assistente nella sua fabbrica  al Polo Nord. Il tavolo era decorato di con grandi fave di cioccolato, con semi allo stato grezzo, con nocciole, con ribes rosso e nero.


Con l'impazienza tipica dei bambini seguivamo il riempimento dei gusci di pralina ormai solidi, colmati da questo maestro nella sua arte con farcia al caffè prima che l'aiutante distribuisse in pochi secondi le praline che il pubblico si contendeva e gustava con l'aria di bambini felici. Verso le nove, sazia e appagata da tutta quella dolcezza, il naso ormai insensibile a causa di tutti quegli stimoli olfattivi, ho oltrepassato le porte girevoli di quel suntuoso atrio illuminato dai riverberi di cento riflessi e mi sono ritrovata fuori in una scura, umida, piovosa Via Orlando, illuminata solo dalle luci aggressive di auto e motorini e mi sono sentita come la Piccola Fiammiferaia, dopo aver spento l'ultimo cerino, ma dentro ancora la dolcezza di tutto quel cioccolato e il calore di quei passiti che mi hanno accompagnata e scaldata sulla via di casa.

martedì 30 novembre 2010

Quartiere Monti, nuove immagini

Il quartiere Monti mi è tanto piaciuto, che voglio mostrarvi altre immagini.
                                                                                                     
 In alto la "Bottega della Cioccolata" e "Dolce e non solo", a via Leonina. A fianco uno dei negozi di antiquariato a Via Panisperna.

La piazzetta che si apre alla confluenza fra via dei Serpenti e via del Boschetto. Di fronte negozi di frutta e verdura, piccoli bar e artigiani. Andateci, è per chi cerca una Roma meno caotica e più suggestiva.

lunedì 29 novembre 2010

A passeggio per il rione Monti


Se avete voglia di gironzolare per Roma e vivere un po’
di atmosfera, vi consiglio un giro nel quartiere Monti. Venendo da piazza Venezia scendete con l’autobus  che porta alla Stazione Termini alla fermata del Palazzo delle Esposizioni e sulla vostra destra inizierà via dei Serpenti. Non lasciatevi influenzare dalla vista del Colosseo che vi farà l’occhiolino laggiù in fondo in fondo a e concentratevi su queste stradine. L’itinerario che vi propongo tocca via Leonina, via Panisperna e via Boschetto per ritornare su via Nazionale. Ma questo
breve giro vi lascerà altamente soddisfatti. Il quartiere 
è pieno di localini, vinoteche, p.es: Al vino al vino in 
via dei Serpenti 19, e di negozi di abiti e arredamento 
Vintage: Pifebo in via dei Serpenti 141, Pulp in via del Boschetto 140, God save the Look invia Panisperna  227a .
    Nella stessa via trovate svariati negozi di Antiquariato  e     Gallerie d’Arte e alla confluenza di via del Boschetto con via   dei Serpenti si apre una piazzetta che ricorda quelle dei borghi, con il fruttivendolo, il baretto con una bella pergola, un ristorantino e negozi artigianali.
 Da lì un profumo intenso di pasticceria e cioccolato mi ha guidato, seguendo la traccia come un esperto segugio, nella strada parallela. Due, ben due Chocolaterie, una più invitante dell’altra, si affacciano su via Leonina. La Bottega della Cioccolata, via Leonina 82, e Dolce e non solo, a fianco, al numero 80.
Proseguendo per via Leonina, al numero 18 incontrerete Ciuri-ciuri, pasticceria rosticceria siciliana, dove perderete almeno 10 minuti per andare per esclusione nel vostro ordinativo. Qui non si tratta di scegliere cosa volete, ma di riuscire a eliminare quello a cui riuscite a rinunciare, almeno per la prima volta…Al mezzanino c’è una saletta dove  è possibile sedersi per degustare in santa pace il vostro bottino, siano essi  cassatine, gelati, sfincioni o arancini. Un po´più avanti sulla via c’è un altro negozio 2 Hand, più che altro Jeans e camicie maschili, senza annata, però! Le botteghe degli artigiani riportano a tempi antichi,  con i laboratori di  falegnameria, negozi di  corniciai e di artigianato, benché un tocco moderno lo dia anche un laboratorio di oggetti in vetro realizzati in termo-fusione, da Domenico Passagrilli, via del Boschetto 94, dove è possibile anche frequentare un corso per imparare la tecnica. E se avete resistito a fare sosta nei ristorantini della via e volete  provare un ristorante speciale, visitate l’Open Colonna dello chef stellato Antonello Colonna, al Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale.  Se è un giorno feriale siete fortunati, perché dal martedì al venerdì è possibile provare un a proposta di primi o secondi a 15 Euro, in un ristorante in genere molto, molto più caro. Al momento c’è una bella mostra sulle civiltà precolombiane in Messico e badate l’ingresso è laterale, su via Milano.